Mondo Dei Piccoli

MAMMA,PAPA E IO...




Se da una parte è vero che dormire nel lettone è un po’ il desiderio, il sogno di tanti bambini che in questo modo restano vicini a mamma e papà e che gli stessi neo genitori in questo modo si sentono più sicuri, bisogna ricordare che non sempre è un fatto positivo, anzi.
Alcuni medici inglesi prendendo in esame alcuni casi di morte improvvisa dei neonati sarebbero arrivati alla conclusione che esista una stretta correlazione tra alcuni decessi ed il dormire nel lettone. Non solo. Il rischio di morte per i piccoli aumenta in presenza di genitori che fumano o che assumono alcolici o sonniferi oppure se gli stessi bambini sono nati prematuri.
Altri studi hanno dimostrato come più della metà dei bambini che dormono nel lettone abbiano difficoltà a relazionarsi con gli altri, non riescono a prendere sonno con facilità e inoltre non rispettano gli orari per la poppata (con un conseguente mancato riposo per i genitori).
Inoltre ricordiamoci che se i neonati vengono abituati a dormire nel lettone difficilmente poi si adatteranno a qualcosa di diverso ecco perché sarebbe il caso (per una maggiore autonomia) di farli dormire sì nella stanza matrimoniale (quando sono piccoli) ma sempre in una culla che è molto più sicura del lettone.
Quindi se anche il piccolo dovesse piangere dovete essere forti e non cedere.
Quando sarà abbastanza grande da avere una stanza tutta sua per aiutarlo le prime notti potete lasciare una luce accesa: in questo modo continuerà a percepire calore …e voi starete più tranquilli (riuscendo così anche a riconquistare qualche ora di sonno in più).

Quando abituarlo a farlo dormire in una stanza diversa dalla vostra? Già da quando vedrete che ha difficoltà ad entrare nella culla, quindi verso 8/9 mesi.

E’ un argomento controverso e mi rendo conto che sono molti i genitori (soprattutto se si tratta del primo figlio) che non se la sentono di lasciare da solo il piccolo nato da poco.. Provate però a pensare che si tratta di scelte per il loro bene.
In molti Paesi è diffusa l’abitudine di dormire con il neonato nel proprio letto. Questa pratica, nota con il nome di cosleeping o bedsharing è in alcuni casi protratta fino al secondo anno di vita.

In realtà i dati provenienti dalla letteratura sono discordanti circa questo tipo di abitudine, in quando secondo alcuni studi essa sarebbe foriera di determinati vantaggi. Altre ricerche invece hanno considerato quest’abitudine dannosa e pericolosa, a meno che non si attuino determinate linee guida.

I sostenitori del cosleeping asseriscono che esso è molto positivo in quanto assicura una maggiore nutrizione del bambino, meno risvegli, e quindi anche un aumento della produzione dell’ormone della crescita, che viene secreto durante il sonno.
Questa pratica facilita l’addormentamento del bambino ed è considerata benefica in quanto favorisce l’allattamento al seno e cementa la relazione madre-bambino, soprattutto nelle situazioni in cui le madri sono costrette a trascorrere gran parte della giornata fuori casa per lavorare e si sentono in colpa per aver trascurato il proprio bambino.
Sembrerebbero infine essere stati rilevati dei vantaggi omeostatici: i parametri fisiologici di alcuni bambini che praticano il bedsharing, come la temperatura corporea o il battito cardiaco sembrano essere risultati più regolari nei bambini cosleeping rispetto a quelli che dormono soli.

Altri studi invece sembrano aver evidenziato che questa pratica comporta un maggiore rischio di SIDS, la Sindrome della morte precoce del bambino. In questo caso la morte non avverrebbe nella culla, ma sarebbe direttamente provocata dal soffocamento/strangolamento o dallo schiacciamento del bambino. E’ pertanto necessario ricordare che sussistono delle precauzioni da prendere se si desidera praticare il bedsharing: anzitutto è necessario evitare di compiere questa pratica se si dorme su materassi ad acqua o divani, con cuscini, materiali di plastica, animali di pelouche.

E’ inoltre sconsigliabile praticare il cosleeping se uno dei membri della coppia è obeso, se fuma nella stanza, o se ha assunto sostanze psicotrope, come alcolici, sostanze stupefacenti o medicinali che inducono sonnolenza o anche se si è molto stanchi. Per ridurre il rischio SIDS inoltre è necessario far addormentare il bambino di schiena e non coprire mai la sua testa mentre dorme, nè lasciarlo da solo nel letto di un adulto.

Altri studi invece hanno portato risultati ancora diversi: addirittura il bedsharing, se praticato in sicurezza, rappresenterebbe un fattore protettivo rispetto al rischio di SIDS poichè i genitori, avendo consapevolezza della presenza del bambino al loro fianco, si sveglierebbero più frequentemente per monitorare il suo stato.

Alcuni studi invece hanno evidenziato che il cosleeping, soprattutto se protratto nel corso del tempo, ha effetti a lungo termine negativi: questi bambini infatti svilupperebbero successivamente disturbi del sonno poichè non imparano mai ad auto-regolare il proprio stato. Dormire da soli quindi potrebbe rappresentare un problema per questi bambini, che, a causa di insonnia e risvegi molto frequenti, rischiano di protrarre la loro permanenza nel lettone molto più a lungo del previsto, con immaginabili conseguenze anche per ciò che concerne il rapporto di coppia. Soffrire di disturbi del sonno inoltre rappresenta un consistente fattore di rischio di sviluppare disturbi psichiatrici in età successive.